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GIACOMO LEOPARDI. SPUNTI DALLO ZIBALDONE -
a cura di Giuseppe Giansante


L'originalità

Cosa intendiamo quando, di fronte ad una nuova opera letteraria parliamo di "originalità"? Quali sono i criteri da seguire per poter essere certi di tale affermazione? Essere originali implica il possesso di un bagaglio culturale oppure essere "tabula rasa"? Per rispondere a tutto ciò, proviamo ad utilizzare quella "miniera inesauribile" di pensieri e riflessioni presenti nello Zibaldone leopardiano.

L'arte leopardiana nasce, anche e soprattutto, con il contributo della Filologia, lo "Studio matto e disperatissimo" nella biblioteca del padre. Infatti, come ci ricorda S. Timpanaro (La Filologia di G.Leopardi, Bari, Laterza, 1978), "Nel Leopardi, la Filologia, oltre a costituire materia di elaborazione artistica, si sviluppò anche parallelamente, come vera e propria Filologia.". E' anche vero, però, che sarebbe sbagliato accogliere senza riserve, i giudizi dei vari critici, sull'arte classica dello scrittore, non intendendo invece, il suo "semplice" stile, come derivazione culturale (per molto tempo sotto l'influsso dell'idealismo si è guardato con "disprezzo" al problema delle fonti: una volta identificato un modello, lo si esorcizzava, se si voleva dare un giudizio positivo, dicendo che nonostante la presenza di un modello, l'artista era riuscito ad esprimere la sua personalità, nel caso contrario si diceva che aveva seguito passivamente il modello. Oggi riesce difficile che un'artista sia riuscito tale malgrado le sue fonti, la sua cultura. Nel caso di Leopardi, tale affermazione sfiorerebbe il ridicolo.) Leopardi è senza tradizione, la sua poetica e i suoi pensieri risultano "originali" a tal punto che il suo continuo ritorno al passato dei classici ha uno scopo didattico per il presente ed i posteri. "Le parole lontano, antico e simili sono poeticissime e piacevoli, perchè destano idee vaste, e indefinite, e non determinabili e confuse. Così in quella divina stanza dell'Ariosto: (I,65)

Quale stordito e stupido aratore
Poi ch'è passato il fulmine, si leva
Di là dove l'altissimo fragore
Presso a gli uccisi buoi stesso l'aveva,
Che mira senza fronde e senza onore
Il pin che di lontan veder soleva:
Tal si levò il Pagano a piè rimaso,
Angelica presente al duro caso.

Dove l'effetto delle parole di lontan si unisce a quello del soleva, parola di significato ugualmente vasto per la copia delle rimembranze che contiene. Togliete queste due parole ed idee; l'effeto di quel verso si perde, e si scema se togliete l'una delle due. (25 settembre 1821)." (I,1145/6).

Egli lancia, però, una protesta, un monito perenne a non confondere tradizione con storia, a non "imitare" il passato, a non sperare nel futuro, a disprezzare la plebe fiduciosa nell'uno e nell'altro; ad attendere la fine del tempo per iniziare un altro tempo: "La varietà che la natura ha posto nelle cose e negli ingegni, è tanta, che fino gli stessi filosofi, quantunque tutti cerchino la stessa verità, nondimeno a cagione dei diversissimi aspetti nei quali una stessa proposizione si presenta ai diversi ingegni, sarebbero tutti originali, se non leggessero gli altri filosofi, e non osservassero le cose cogli occhi altrui. Ed è facile a scoprire che una grandissima parte delle verità dette ai nostri tempi da quegli scrittori che s'hanno per originali, ancorché queste verità passino per nuove, non hanno altro di nuovo che l'aspetto, e sono già state esposte in altro mondo. E vedete come tutti gli scrittori non europei, come gli orientali, Confucio ec. quantunque dicano appresso a poco le stesse cose che i nostri, a ogni modo paiono originali, perchè non avendo letto i nostri filosofi europei, non hanno potuto imitarli, o seguirli e conformarcisi non volendo, come accade a tutti noi."(I,150/1).

Il problema della originalità posto dal Leopardi risulta di grande attualità dato che gli scrittori contemporanei non possono fare a meno da una parte delle cosiddette "fonti" e dall'altra della loro personalità: Il punto è anche oggi saper essere "naturali"; evitare dunque quell'affettazione di conoscenza che impedisce a molti la "soglia" della poesia, per recuperare, invece, il punto di vista degli antichi e la loro capacità di sentire la natura. Infatti la consapevolezza critica dello scrittore, nei confronti del proprio secolo e dei precedenti, "Fa sì che l'arte è venuta in incredibile accrescimento, tutto è arte e poi arte, non c'è più quasi niente di spontaneo..", indirizzandolo verso il mondo antico dei greci e dei latini. "Quando l'arte era in sul principio non ancora corrotta..". Questo contrasto tra arte e spontaneità è alla base del contrasto tra il mondo antico e il mondo moderno, nonché dell'attaccamento del poeta al mondo antico. Da qui, però, nasce l'originalità che sta nella spontaneità, negligenza, franchezza e audacia di essere se stessi, di scostarsi dalle regole e dai modelli: "questo imitar la natura questo destare i sentimenti che voialtri volete, è facile o difficile? Ognuno che li sente è sicuro purché si metta a scrivere di comunicarli subito agli altri, o no? Se sì, me ne rallegro e avrò piacere di vederne l'esperimento; se no, se questa cosa è tra le difficili difficilissima..se infiniti esempi e ragioni provano quanto sia la forza dello stile, e come una stessa immagine esposta da un poeta di vaglia faccia grand'effetto e da un inferiore nessuno, se Virgilio senz'arte non sarebbe stato Virgilio..infinite necessarissime doti si procacciano alla poesia; c'è bisogno dell'arte e di grandissimo studio dell'arte, in questo nostro tempo massimamente.." (I,28/9). Tutto ciò non implica il fatto che Leopardi avesse una fiducia cieca nei classici (soprattutto nella poesia e nella erudizione) sebbene egli credesse che per quanto riguarda la sfera della conoscenza e del pensiero, le nostre scoperte sono spesso, solamente "riscoperte", o come egli dirà a proposito di Aristotele: "Noi non facciamo altro che ritrovare il già trovato". Soltanto gli antichi, quindi, possiedono la primitiva originalità, dato che: "Omero che scriveva dinanzi ad ogni regola non si sognava certo d'esser gravido delle regole..".(I,281).

L'originalità, infine, diviene una facoltà "acquisita" un prodotto della moltiplicazione dei modelli letterari precedenti, anche se imitare un modello non significa "riprenderlo" fedelmente, ma adattarlo alle proprie necessità e utilizzarne gli insegnamenti, come egli stesso ci ricorda: "..avendo letto tra i lirici il solo Petrarca, mi pareva che dovendo scrivere cose liriche, la natura non mi potesse portare a scrivere in altro stile che simile a quello del Petrarca. Tali infatti mi riuscirono i primi saggi che feci in quel genere di poesia. I secondi meno simili, perchè da qualche tempo non leggevo più il Petrarca. I terzi dissimili affatto, per essermi formato ad altri modelli, o aver contratta, a forza di moltiplicare i modelli, le riflessioni, quella specie di maniera o di facoltà, che si chiama originalità (originalità quella che si contrae? e che infatti non si possiede mai se non s'è acquistata? Anche Madame di Stael dice che bisogna leggere di più che si possa per divenire originale. Che cosa è dunque l'originalità? Facoltà acquisita come tutte le altre, benché questo aggiunto di acquisita ripugna dirittamente al significato e valore del suo nome.(28 novembre 1821)." (I,1334/5).




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