la pergamena

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(Fiction)

Gennaro Di Marino - L'ULTIMO VIAGGIO DI BABBO NATALE

Si avvicinò alla finestra: un sole pallido e freddo risplendeva sulle lande ghiacciate.
Si vestì, prese un grande sacco sulle spalle e, uscendo, disse: "E' tempo di andare."
La donna che per tanto tempo lo aveva assistito nei preparativi, ora lo vedeva allontanarsi, scomparire lasciandosi alle spalle una scia d'arcobaleno.

Il viaggio fu particolarmente noioso. Si rincuorò nello scorgere in lontananza una cappa di fuliggine, chiaro segno che nella zona sorgeva una città. Prima di avvicinarsi, volle però assicurarsi che fosse realmente un centro abitato...Più volte, infatti, nei suoi precedenti viaggi era stato ingannato da nubi e luci che si erano rivelate poi "appartenenti" a semplici apparati industriali.
Quella volta perì non aveva dubbi: stava sorvolando un posto pieno zeppo di bambini che lo attendevano e non avrebbe dovuto far altro che premiare il loro "esser stati buoni" durante l'anno (anno che ormai era giunto al termine...).
Dopo aver incalzato le sue renne con un impetuoso gesto, allegramente si diresse verso una collina del posto; estrasse dal suo giaccone rosso un foglietto stropicciato, lesse alcuni nomi che vi erano scritti sopra. - Da Dario, prima - comunicò alle renne che smaniose di riprendere il viaggio scalpitavano freneticamente.
Partite di gran carriera, in pochi attimi, giunsero su di un quartiere molto povero, tanto povero che le abitazioni non avevano nemmeno i cunicoli per potervi entrare...
Il vecchio si portò ad un'altezza tale da poter guardare in una delle case, stette ad osservare per lunghi attimi.
Nella stanza erano riunite poche persone, se ne stavano sedute intorno ad un tavolo dal dubbio colore, marrone probabilmente ...o forse nero, un tempo.
In un angolo, un alberello ornato con poche perline faceva bella mostra di sè. Niente palline colorate o fluorescenti, niente omini di cioccolato o caramelle, niente di tutto questo ad incantare lo sguardo dei piccoli presenti.
Fu colpito nel vedere l'enorme presepe poggiato alla parete che portava su di sé i segni di tante disgrazie...
Vere e proprie opere d'arte le statuette che animavano quel piccolo mondo; sembrava fossero vive, e per i colori degli abiti e per l'elasticità dei movimenti in cui erano stati eternati i personaggi.
Un inspiegabile senso di disagio incutevano le figure di Maria e Giuseppe che, protesi verso la culla del loro figlioletto, sembravano voler difendere la sacralità di quel momento a qualsiasi costo, da chiunque. Il vecchio riportò lo sguardo sui presenti. Credeva di aver trovato ciò che cercava.
In quello stesso istante, Dario si stava servendo una porzione "extra" di verdure lesse... Anche in un giorno come quello, suo padre non aveva trovato i soldi sufficienti a comprare le poche cose utili a rendere un pranzo, tale.
Ma Dario aveva presto imparato, a proprie spese, che dalla vita e nella vita, non bisogna mai chiedere troppo se non si vuole restare con una manciata di illusioni tra le mani.
Il vecchio si accarezzò l'ispida barba... Era affascinato da quello che vedeva, ne era entusiasta. Sì, avrebbe lasciato che il piccolo scegliesse il proprio dono.
Attese quindi che tutti fossero andati a letto e, cercando di non far troppo rumore, si introdusse nell'appartamento dalla finestra.
Strisciò quasi sino alla camera di Dario e vedendo la porta socchiusa, non esitò ad entrare. Dario non dormiva affatto, se ne stava lì a fissarlo. I suoi occhi esprimevano paura e impazienza.
- Ciao Dario - disse. - Tu sai chi sono, vero ? -
- Sì, ti conosco, ma è ormai da tempo che non credo più nelle favole... o almeno credevo... -
- Credi che io sia frutto di una fervida immaginazione anche ora che ti sono davanti? -
- Babbo Natale non esiste... O meglio, se esiste, non ha mai tenuto conto di me. -
Il vecchio, affranto, cercò di giustificarsi, di scusarsi... Ma come spiegare ad un ragazzino di dieci anni che il padre aveva, negli anni passati, rivenduto tutti i doni per comprarne cibo e vestiti?
Tacque. Distrattamente si lasciò cadere dalle mani un grosso pacco.
- Che fine avevi fatto, allora, vecchio ? - incalzò Dario.
- Ehm... Diciamo che sono stato impegnato con gente meno fortunata di te. Ma ora sono qui, con dei magnifici regali. Solo ti prego, non farmi più domande. Buon Natale, Dario e... arrivederci. E' una promessa ! -
Rosso per l'imbarazzante situazione ed irato per le ingiustizie perpetrate davanti ai suoi occhi e nel mondo, scappò via, il più velocemente possibile, per quanto l'età gli permetteva...
Pochi attimi dopo, era già in alto. La sua ombra si stagliava netta nella pallida luce della luna.

Dario restò fermo per alcuni secondi ancora, quasi paralizzato. Quando sembrò ritornare in sé, corse in camera dei genitori pensando ad uno scherzo idiota del padre. Lo trovò al suo posto, tutto intento a scandire il passare del tempo con il suo russare.
Sempre più confuso, non sapendo più a cosa pensare, volle ritornare bambino: corse a giocare con il videogame regalatogli dal generoso (e anche un po' pazzo, pensò) visitatore venuto dal cielo.

- Filippo Paolo Belletti, via dei Cigni 70 - lesse ad alta voce. Tirò a sé le dorate redini e, senza indugio, si recò a far visita al nuovo amico.
Giunse in un quartiere in cui l'atmosfera natalizia permeava tutto. Vide festoni e addobbi su qualsiasi cosa occupasse uno spazio, anche minimo.
Il vecchio lesse i numeri civici che, sulle targhette di ottone lucido, facevano bella mostra di sé.
Non gli ci volle molto per individuare la "dimora" di Filippo: una vera e propria reggia, curata e rifinita nei minimi dettagli. Nel giardino antistante la casa un enorme pupazzo di neve con gli occhi di ciliegia e il naso di carota dava il benvenuto agli eventuali visitatori; La piscina, vuota data la stagione, era stata coperta con un telone verde che recava la scritta BUON NATALE.
Colpito dalla sontuosità dei festeggiamenti e, curioso di vedere ciò che accadeva in casa, con un grande quanto improbabile gesto atletico lasciò le sue renne per nascondersi dietro un albero. Ad illuminare la stanza vi era un enorme pino che, per l'abbondanza di luci e sistemi ad intermittenza, dava l'impressione di un faro su di un'isola; sotto l'albero, una miriade di confezioni dalle molteplici forme variamente colorate stuzzicavano la curiosità dei presenti.
Ecco Filippo, pensò tra sé e sé.
Con indosso un impeccabile completo di velluto blu, il piccolo ometto sedeva tra la madre e la sorellina.
Ha già l'aria di un uomo maturo e di classe, pensò. Lo vide destreggiarsi con grande non chalance con un pezzo di aragosta... Ne succhiò la polpa senza nemmeno schizzare il capotavola!
Anche per Filippo non ebbe alcun dubbio. Bambini come lui andavano premiati ed elevati ad esempio per tutti coloro che, nei confronti del prossimo, si dimostravano irrispettosi e maleducati.
A notte fonda in casa Belletti si spensero le luci, tranne il "faro". L'intera famiglia dormiva. Il momento giusto per entrare... Si arrampicò su per i muri e, giunto sul tetto, si calò giù per il camino spuntando nella sala che poco prima aveva ospitato la cena natalizia.
Tutto sembrava così artificiale, così irreale. Guardandosi intorno, si sentì estraneo a quell'ambiente. Qualcosa era fuori posto, qualcosa non lo convinceva.
Ebbe un'improvvisa voglia di squagliarsela; Decise che avrebbe fatto in fretta. Per la prima volta in vita sua Babbo Natale aveva paura... ma di cosa?
Arrancando nel buio, cercò e trovò la camera di Filippo. Si avvicinò al suo letto e, sussurrandogli dolcemente all'orecchio, lo svegliò.
Filippo in principio pensò, come già Dario aveva fatto, ad una nuova bizzarra trovata del padre. Solo dopo aver acceso la lampada che dominava il suo letto, riuscì a distinguere i lineamenti dell'uomo ma la sua memoria non riuscì a riconoscerli.
Un urlo pieno di terrore, acuto, disumano, uscì dalla bocca del bambino. Poi cominciò a farfugliare frasi che suonarono incomprensibili alle orecchie del vecchio.
"Un ladro, mi vuole uccidere, aiuto!" invocava a gran voce.
Udito lo schiamazzo proveniente dalla camera attigua, i coniugi Belletti si precipitarono a vedere di cosa si trattasse.
In pochi minuti la villa, il cui sistema di allarme era collegato al terminale del più vicino comando di polizia, fu invasa dagli agenti.
Babbo Natale credendo che qualcosa di spiacevole stesse per accadere, nel tentativo di salvare Filippo, gli si gettò addosso cingendolo con le sue braccia possenti.
"E' un maniaco, un assassino!!", gridava la madre con una voce impastata dal pianto.
Il padre del bambino era inspiegabilmente uscito di scena.
Il vecchio, udendo lo starnazzare della madre e del figlio, lasciò la presa.
Tutto accadde velocemente: la sacca con i regali gli cadde dalle spalle, il rumore dei doni caduti sul pavimento coprì quello della porta che si apriva alle sue spalle.
Il signor Belletti irruppe in casa, una dozzina di poliziotti al suo seguito. Accertatosi che Filippo non era tra le sue braccia, scaricò l'intero caricatore sul vecchio che, incredulo e incapace di reagire, stramazzò al suolo in una pozza di sangue; morto all'istante.
Il corpo fu tempestivamente rilevato dalla villa del rispettabile signor Belletti il quale si complimentò con gli agenti per la celerità e l'esito dell'operazione.
Il capo della mobile si mostrò soddisfatto.
- Son cose che purtroppo ci capita di vedere spesso - disse. - Travestirsi da Babbo Natale per portare a termine un sequestro di persona... Che viltà! -
- Ma grazie a lei... - tentò di ribattere il signor Belletti tempestivamente interrotto dal capo della mobile: - Lei mi lusinga, ma non dimentichi che questo è pur sempre il nostro dovere. Piuttosto dovrei essere io a congratularmi con lei per l'ottima educazione impartita a suo figlio. Grande coraggio e senso civico... Davvero in gamba. -
- Ha ragione, sono davvero commosso per ciò che ha fatto il mio Filippo... -
- Caro signor Belletti si ritenga un uomo fortunato. Ora se ne torni a letto e si goda le feste. Noi togliamo il disturbo... Buonanotte... Ah, la prossima volta, prima di far entrare in casa un Babbo Natale, controlli che fuori ci siano le renne !!! -
- Non tema, sarà fatto...-

Tutti scoppiarono in una fragorosa risata.
Ma non molto lontano, il vento portò in alto il lamento delle renne che, scalpitanti, ancora aspettavano Babbo Natale per portare a termine le consegne. Lassù, in alto, nel cielo.




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