la pergamena

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(Fiction)

Franco Gatti - UN AMORE DIFFICILE

Ora non c'era che da sperare in un colpo di fortuna. Più esattamente in un incontro. Sì, un incontro che cambiasse la vita. Gli era già accaduto in passato, poteva ripetersi. Anche se l'età non era più quella. Si aggirava nel soggiorno. Estraeva un libro dagli scaffali.
Malcolm Lowry, l'aveva già letto anni addietro. Scorse le prime pagine e lo posò pensando devo assolutamente rileggerlo, ma quando? Ora aveva quel libro sul Chè. Poi c'era Sartre.
Dunque, una donna. Ma non c'era o c'era soltanto nella sua fantasia o nella sua speranza. Le aveva detto non corra in autostrada, non mi faccia stare in pensiero. Ma era stato ieri o tempo addietro, quando i loro rapporti erano meno freddi? Ma poi, il loro, poteva considerarsi un vero rapporto? Faceva caldo, nella mattinata c'era stato una specie di diluvio con scariche elettriche terribili. Poi il sole, lentamente, s'era fatto strada tra nubi che via via si erano dissolte. Un rapporto che durava da un anno, ma trovargli una definizione era arduo. Amicizia? Lei rifiutava il termine e aveva voluto mantenere il "lei".
Lui aveva parlato del suo passato, di sua madre, di sua moglie, di suo figlio che era diventato un estraneo. C'era stato un incidente, una sera d'inverno, seguendo un improvviso impulso, l'aveva seguita fin sotto casa. S'era fermata e aveva parlato a lungo nel cellulare. Poi, in una via laterale, e ancora il cellulare. Perché non parla da casa? Ha qualcosa da nascondere. S'era nascosto dietro l'angolo della via, sul corso. Lei andava avanti e indietro con passo affrettato, cosa stava facendo? Improvvisamente se l'era vista comparire davanti, grande, vestita di nero, fremente della sua rabbia contenuta: "Cosa fa, mi segue?" il consueto tono di voce ma lo sguardo alterato. "Cosa vuole da me?" Lui aveva mentito "Non l'ho seguita". Lei aveva aggiunto: "Come si permette, cosa si è messo in testa?" L'aveva salutato ed era scomparsa e lui se n'era tornato a casa dandosi dell'imbecille e convinto che lei avesse qualcosa da nascondere e che fosse finita. Dopo qualche giorno aveva ripreso a frequentarla nel "punto di prestito libri" dove adesso lavorava. Un poco alla volta, lei s'era lasciata andare a confidenze sulla vita passata, la madre che aveva avuto sei figli poi era morta di cancro, i rapporti difficili coi fratelli e con la figlia "E questo è niente, se sapesse". Lui le aveva dedicato poesie e le aveva scritto lettere infiammate. Lei non mostrava alcuna reazione, al massimo col consueto tono discorsivo: "Lei cosa pensa, di scappare insieme a me? lei deve essere matto". Lui pensava a tutti gli ostacoli, alla differenza d'età. "C'è un solo modo" pensava. Da ultimo il rapporto s'era di nuovo guastato e lui le aveva fatto trovare i due volumi presi in prestito in una busta di plastica appesa alla maniglia. Era passato del tempo e l'aveva rivista alla biblioteca del parco, lei ora ostentatamente lo ignorava. Un giorno l'aveva fermata e le aveva detto: "E' un momento difficile". Aveva sorriso "Non solo per lei, non va un po' in vacanza?" Gli sembrò di nuovo quella d'un tempo. Ora se ne stava seduto sul balcone e un buio silenzioso scendeva lentamente, un cielo limpido e una luna abbagliante. Aveva preparato e consumato rapidamente una cena leggera e come sempre una sorta di languore e sonnolenza s'andava impossessando di lui. Ed era dolce, si sentiva leggero. I suoi problemi potevano risolversi, anzi erano risolti. Si era appena verificato quel fatto importante, da sempre atteso e sperato, che inutilmente per anni aveva rincorso. Insomma, ora era ricco. Aveva importanza il modo? Forse una volta l'avrebbe avuta. Ma ora. Ora poteva permettersi di fare alla sua recalcitrante amica il discorso che da tempo si era preparato. L'aveva attesa fuori dalla biblioteca e l'aveva fermata "Ho qualcosa di importante da dirle e anche molto urgente. Sto per partire per un lungo viaggio e per molto tempo non ci rivedremo. Forse...".
Aveva dovuto faticare ma alla fine s'era convinta ed ora erano seduti nel famoso ristorante dove lui, in passato più volte, vanamente l'aveva invitata. Quando nei suoi solitari pomeriggi in casa, aveva immaginato quell'incontro, il dono che si apprestava a farle doveva rappresentare con le motivazioni che un dettagliato preambolo avrebbe illustrato, un tributo alla sua bellezza, un balsamo ad un passato doloroso, un omaggio certo inconsueto di un ostinato ammiratore a quell'essere unico che era lei. La risposta sarebbe stata "lei deve esser matto, e tanto per sapere, cosa vorrebbe in cambio?" "Nulla, non è un affare, solo la sua amicizia" e avrebbe aggiunto "certo, se lei volesse... potremmo andarcene... lontano..."
Era allora che, alla mente di lui, si presentava la scena temuta, lei che s'era levata dal letto molto presto e alla finestra aperta guardava lontano e fumava. Non ricordava d'averla mai vista così... C'era una seconda ipotesi, che la sua offerta cadesse in uno dei momenti di gelo tra loro. Allora il suo dono doveva essere uno sfregio, una vendetta, un'umiliazione. Le chiese "Le è piaciuto il pesce?" "Magnifico" aveva risposto e si capiva che era sulle spine. E quando lui, dopo quel lungo preambolo, le disse che voleva regalarle un miliardo, lei deglutì bevve un altro bicchiere di Greco di Tufo e tutto si svolse come lui aveva previsto.
Voci alte lo scossero, la televisione era rimasta accesa.
Guardò in alto, il globo abbagliante s'era spostato nel cielo e tra poco sarebbe scomparso dietro l'abbaino di fronte.




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