la pergamena

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(Fiction)

Tony Mobily - Attraverso lo specchio

Un giorno, nel bel mezzo di una discussione, svenni.
Nessuno capi' davvero per quale motivo.
Io ricordo solo che stavamo parlando, cosi', e che ad un certo punto non stavo parlando piu', ed un malessere mi invase, e persi il controllo dei miei movimenti, e delle mie sensazioni.
Ero come un burattino con i fili tagliati, in un equilibrio precario ed incontrollabile. Un burattino che, dopo quei due secondi di incerta stabilita', semplicemente inizia a cadere sotto il peso del suo stesso corpo inarticolato.
L'ultima cosa che ricordo, e' il grande muro a specchi.
Il muro a specchi, con cinque persone che parlavano - ancora - ed io, io li' che non esistevo piu', io che cadevo, io che non potevo piu' pensare, controllarmi, stare in piedi, o nulla.
Durante quei momenti - pochissimi, veramente - in cui ancora potevo vedere, e ancora potevo contare su un barlume della mia coscienza, osservai me stesso, in un secondo fuggente fotografai quella scena, di io che non ero io, la stanza che non era la stanza, e le persone che non erano le persone. E poi fu l'assurdo, perche' chi osserva i propri occhi allo specchio *deve* incontrare i propri occhi, deve affrontare il proprio sguardo, mentre qualcosa non andava, perche' il mio corpo non era volto verso lo specchio, i miei occhi non guardavano in quella direzione, e osservavo qualcuno cadere, lo guardavo negli occhi, e quel qualcuno ero io. E quel qualcuno non mi guardava.

Mi svegliarono. All'inizio, non riuscii a parlare. Poi, i fili invisibili cominciarono ad agganciarsi di nuovo ai miei arti, e potei di nuovo controllare i miei movimenti, e le mie sensazioni. Tornai ad essere una marionetta controllabile.
Capita, qualcuno disse.
E' successo anche ad un mio amico, potrebbe essere un cambiamento di pressione, o chissa'.
Io li osservavo. E nessuno avrebbe mai capito le mie sensazioni. Mi resi conto che qualche tempo prima - un secondo, o forse un'ora - mentre cadevo, avevo avuto una esperienza che non sarei mai stato in grado di raccontare.

Ero a casa, sul mio divano. In mano, un bicchiere di vino.
Dopo quel giorno, qualcosa era cambio', pensai.
Per la prima volta, mi ero visto dall'*esterno*, come mi vedono le persone intorno a me. Come avrei visto io stesso una persona che camminava per la strada, o in un bar, o...
In quell'incidente, avevo visto un istante di terrore negli occhi di uno sconosciuto che crollava.
E lo sconosciuto ero io.
Un uomo puo' vivere tutta una vita, senza mai scoprire il modo in cui gli *altri* lo guardano, tutti i giorni, nella vita normale. E soprattutto, senza guardare se stesso con gli occhi di uno sconosciuto.
Rabbrividii.
Sentivo un dolore alla testa, premetti le dita intorno alla fronte. Il dolore sembro' passare, per un istante. Poi, torno'.

Un po' di solitudine. E silenzio.
Uno sconosciuto che si muove in una casa.
Io che mi muovevo nel mio spazio.
La mia testa, che pulsava sempre di piu'.

Mi alzai, andai in bagno.
La mia ragazza dormiva gia'. Non le avevo detto nulla, a proposito dell'incidente.
Era un tipo che si preoccupava sempre, lei.
Mi lavai i denti, come tutte le sere.
E poi... mi guardai negli occhi, allo specchio.
All'inizio fu normale. Ero io, il mio volto, i miei capelli.
Un po' di dentifricio all'angolo della bocca. Come al solito.
Poi, dopo un po', iniziai a concentrarmi, cercando di vedere un *volto*, e non me stesso specchiato.
Me ne stavo li', immobile. Io, di fronte a me stesso. Di fronte al mio sguardo, ai miei occhi, e la mia espressione. Il pomeriggio, avevo visto il mio corpo per la prima volta.
In quel momento, mi stavo guardando dritto negli occhi. E per la prima volta. Distolsi lo sguardo dallo specchio. I miei occhi si riabituarono al mondo normale. La mia mente, no.
Allora, tornai a guardare lo specchio.
Fu un gesto coraggioso, quello, perche' il silenzio stava invadendo la stanza, e la paura vibrava sempre piu' forte, nell'aria e nella mia testa. Provai ancora a concentrarmi, immobile.
Allora, di nuovo, vidi me stesso - un me stesso impersonale ed immobile che mi osservava. Dritto negli occhi.
E allora pensai che quell'estraneo, quella persona, mi *stava* effettivamente leggendo negli occhi, perche' era li', e *sapeva* tutto cio' che pensava, perche' ero io, io, che pensavo, e lui che conosceva i miei pensieri, e lui che non era lui. Ed io che avevo paura.
Paura di me stesso.
Lo sguardo si fece minaccioso. Il suo, ed il mio. E divento' una specie di guerra, io contro me stesso.
Mi sentii mancare.
Lo sguardo crollo'. La guerra fini', di colpo.
La paura divento' vuoto.
E il vuoto vinse, ancora.

-Lo so che stai dormendo, amore mio, lo so che stai dormendo, ma ho un problema. Magari ora non mi senti, o magari sono solo un pensiero lontano in chissa' quale sogno. Ma credo che sia... credo che sia una cosa seria.
-Credo di essermi visto per la prima volta. Ho visto il mio corpo, e l'ho visto crollare. Ho visto il mio sguardo, e l'ho visto minacciare. Ho vissuto una vita pensando di conoscermi, e...
-...e invece, invece sono qui, a guardare negli occhi uno sconosciuto... -Uno sconosciuto con il mio nome, capisci? Qualcuno che non capisco piu'... -Non so se voglio essere qui. Non so se voglio conoscermi. Non so se voglio tentare di ricordare la mia storia, e la mia vita.
-So che sono qui, e credo di conoscerti, ti guardo e mi accorgo che ti amo, ti tocco e sento la tua pelle sotto le mie dita...
-E mi sento in colpa perche' uno sconosciuto, uno sconosciuto con il mio nome, ti sta toccando.
-Oggi, amore mio, oggi ho scoperto di non ricordare chi sono, quello che faccio, e soprattutto perche' lo faccio. Mi sono guardato negli occhi, e non ho visto nulla. Capisci? Nulla. Nessuno.
-Lo so che e' difficile da capire, lo so, ma ora mi sento un dolore alla testa, e sottile, ma costante, pungente, e non riesco a pensare bene. E tutto diventa confuso.
-Vorrei addormentarmi, ora, qui, vicino a te, e dimenticare tutto, dimenticare la mia immagine, la mia paura, il mio dolore fisico, la mia confusione, e cominciare di nuovo, la mia vita, con te, e con me stesso, sapendo chi sono, e dove sto andando.

Quella notte, non dormii.
Il dolore alla testa non scompari'.
Crebbe, invece. E crebbe velocemente.
Appena si fece giorno, mi alzai. La mia ragazza dormiva ancora.
Rimasi li' a guardarla. Per un istante, desiderai essere lei.
Poi, uscii in silenzio.
Camminai, per la strada, qualche macchina passava. Una, mi suono'. Non capii.
Negozi, vetrine. Rimasi qualche secondo a guardarne una. Poi, andai oltre.
In un istante, vidi la mia ombra - il riflesso della mia immagine - sul vetro di un negozio.
Restai li', immobile, per qualche secondo.
Desiderai andare oltre, dimenticare tutto e camminare, come avrebbe fatto chiunque altro.
E invece rimasi li'. Con la testa dolorante, e qualche timida goccia di pioggia dal cielo che mi sfiorava appena.
Non capii, davvero.
La mia immagine, era trasparente. Il riflesso era debole, e sarebbe stato presto spazzato via dal sole.
Ma c'era un messaggio, che non riuscivo a cogliere. Lo sentivo, era li'. Il mal di testa divenne sempre piu' forte, soprattutto mentre ero li', fermo. Divenni consapevole che se mi fossi mosso sarei impazzito dal dolore, con un'altra fitta ancora piu' forte - forse l'ultima -.
Allora, il messaggio divenne chiaro e limpido. Cosi', in un istante.
Ero io.
E potevo vedere *attraverso* me stesso.
Potevo vedere la mia immagine, e *attraverso* di essa. Ma soprattutto *dentro* di essa.
Allora, dei brividi forti cominciarono ad infittirsi per tutto il corpo. Incominciai a fissare me stesso - di nuovo, per la terza volta - spaventato, dolorante, e disperato.
La pioggia leggera incalzo', ma solo leggermente. Non ci feci alcun caso. Osservai i miei occhi. E poi, *dietro* i miei occhi.
E allora una fitta esplose piu' forte che mai, sentii le gambe mancare. Ebbi paura di svenire, di nuovo. Resistetti, ma le immagini di fronte a me erano molto piu' confuse.
La mia sagoma era rimasta li'. E dentro la mia sagoma, i miei pensieri. E dentro i miei pensieri, i miei sogni. E dentro i miei sogni, me stesso.
Tutto conteneva tutto, in una logica impossibile.
Ed io ero li', io ero li' e vedevo. Vedevo dentro me stesso.
Non capii piu' dove finiva la realta', e dove cominciava al fantasia. Vidi tutto. Le mie aspirazioni. Il mio volto di bambino. Le mie storie. Vidi la scena in cui saltai dal muretto in giardino, e mi sembravano dieci metri. E la ricordai appena.
Vidi il volto di una ragazzina. E non ricordai nulla.
Vidi i pensieri sfrecciare nella testa, e vidi sorrisi, e volti, e persone, incontrarsi e scontrarsi freneticamente.
Desiderai avere piu' tempo, piu' tempo per concentrarmi su ognuna di quelle facce, e storie, e aspirazioni, ma esplodevano freneticamente una dopo l'altra, quasi a prendersi gioco di me, della mia memoria, e della mia paura. E tutto comincio' a proporsi ancora piu' velocemente, con il mio cuore che tambureggiava frenetico dando quasi il ritmo a quelle immagini fuggenti. E la mia testa allora comincio' a tambureggiare con il cuore, ed ogni ricordo diventava una fitta, e quella fitta diventava energia, e paura.
Attraverso me stesso. Dentro.
Magari erano solo allucinazioni. Ma io ho visto quelle immagini.
Le ho *viste*, davvero.

E poi mi sono contorto, ho sentito la testa esplodermi, ho urlato il nome della mia ragazza, ho desiderato vederla ancora, magari per l'ultima volta, ma vederla, ma la testa e' esplosa, ed ho sentito che c'era qualcosa che non andava, e sono nel letto di un ospedale, e dei medici mi stanno per operare, perche' avevo un'emorragia cerebrale, hanno detto, a bassa voce, perche' non volevano che lo sentissi, ma io ci sento bene, e lo so, qualcosa e' scoppiato, magari mentre svenivo ieri pomeriggio, e poi... forse, mentre stavo cadendo mi ero visto da fuori perche' proprio in quel momento la mia vita stava schizzando via, e non ero piu' io, nel mio corpo, o forse questa e' solo fantasia, o forse io ho solo scoperto - per caso, cosi', solo per caso - di essere di fronte ad uno sconosciuto, e la mia testa semplicemente non ha detto, ha deciso di cedere, di scoppiare, e allora eccomi qui, con dei medici che mi apriranno la testa, e vedranno il mio cervello, quello vivo, e lo toccheranno, oddio aiuto.
E poi penso che tutto e' partito da un'immagine, attraverso lo specchio l'immagine di me stesso, e poi lo sguardo, attraverso lo specchio, il mio sguardo nei miei occhi, e poi i pensieri, attraverso lo specchio, i miei pensieri dimenticati e ribelli, e poi il nulla, interrotto dalla speranza di svegliarmi, e di essere di nuovo me stesso.




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