la pergamena

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(Fiction)

Mauro Smocovich - L'ANGELO CURIOSO

Costretto nel corpo nudo della giovane donna, l'Angelo osservava. La donna poggiava la schiena sopra un tavolaccio di legno, il corpo tirato da funi strette ai polsi e alle caviglie. Gli inquisitori, per nulla imbarazzati dalla nudità, erano presi dall'interrogatorio. Davanti a loro, non meno impuro degli altri, quel corpo illuminato dal rossastro ondulare delle fiaccole, secerneva il peccato da ogni fessura, da ogni singolo poro.
Bisognava piegarlo, senza cedere alle lusinghe del Diavolo, e liberarlo al più presto dal male.
Lucida di sudore, la pelle della donna respirava e pulsava attraverso i bianchi sguardi. I giudici osservavano della giovane i seni appiattiti, le gambe divaricate e la muscolatura soda di carne contadina. I loro occhi sfioravano cosce e fianchi seguendone l'andatura sinuosa, gli incavi teneri e le sporgenze palpabili della pelle tesa. Un corpo giaciuto più volte con il Demonio. L'aria pesante di pensieri.
Padre Severino conosceva alla perfezione il Malleus Maleficarum, indispensabile per la lotta contro la stregoneria, e teneva ben a mente l'autorevole passo in cui si enuncia che i demoni non possono invadere la volontà e l'intelligenza, ma solo il corpo e le facoltà mentali più strettamente associate ad esso. Sapeva anche, per esperienza, che i demoni in molti casi non possiedono il corpo per l'intero, ma ne controllano soltanto una piccola parte: un singolo organo, uno o due gruppi di muscoli o di ossa. Pertanto, aveva già fatto controllare la donna dai monaci, dopo averla fatta denudare e radere come da procedura. Aveva fatto ricercare il Marchio del Demonio, il segno lasciato dal Diavolo sui suoi adepti nel corso del sabba: un terzo capezzolo, un'escrescenza bizzarra della carne che testimoniasse l'appartenenza al Signore del Male. Nessun neo, nessun porro. Solo pelle di luna, sottile, che scivolava come seta sotto i polpastrelli delle loro mani indagatrici. Scorreva via come i loro pensieri, come le loro sensazioni, difficili da trattenere.
I capezzoli erano solo due. Due capezzoli normali. Normali... la loro vista poteva spingere alla lussuria infernale, a rituali immondi, a sacrifici in nome del Maligno. Non si spiegava altrimenti il tirarsi della pelle sotto i sai, il dilatarsi delle loro vene, il tendersi dei loro muscoli: per questo avevano infilzato quelle protuberanze della carne - impossibile non guardarle - con delle punte incandescenti, solo per questo, per punire la perfidia e la strafottenza di un demone che credeva di potersi burlare di loro.
Padre Severino sapeva inoltre che, al contatto del dito del Diavolo, altri posseduti acquistavano insensibilità in piccole zone del corpo dove la punta di un ago non causa né dolore né fuoriuscita di sangue. I monaci avevano cercato così di scoprire dove si trovassero quei punti, punzecchiando la donna fino alle ossa.
L'Angelo non capiva il perché di quell'accanimento. Da pochi mesi albergava nel corpo della donna. Voleva sopire una fiammella che lo solleticava da tempo immemorabile: il desiderio di seguire da vicino gli avvenimenti umani, ma senza intervenire. Una sera di luna piena, a casa della donna, si erano presentate due guardie della Signoria che l'avevano trascinata fuori.
Nessuna denuncia, solo il vociferare sommesso nel paese: la donna non era riuscita ad avere figli, il marito era morto scalciato dal mulo, una vicina di casa, sul letto di morte, l'aveva indicata come causa dei suoi mali. Voci e sguardi sospetti. Nel corpo della giovane, l'Angelo era stato portato nella segreta ed ora, quella carne e quelle ossa erano tirate dalle grosse funi, le gambe erano spezzate, la gola martoriata da un grosso imbuto e lo stomaco gonfio d'acqua. Padre Severino conduceva l'interrogatorio:
"Liberati dal male!" cercava una piena confessione "Qual è l'essere infernale che ti possiede?"
La donna era svenuta. L'Angelo era deluso.
"Fatela rinvenire, dobbiamo proseguire."
Un'ala ulcerata squarciò la pelle della donna e dalla spalla sinistra spuntarono piume e sangue in un fracasso di carne strappata.
Dall'ascella destra si spinse fuori un grumo di pelle e sangue e l'altra ala fu alla luce in tutta la sua interezza. Il braccio della donna si piegò contorto con un tremore convulso. La gabbia toracica si aprì come i petali di un fiore rosso e ne sgorgò acqua lucente. Un bagliore accecante inondò le facce scarne degli Inquisitori, penetrò attraverso i pori della loro pelle, paralizzò i loro pensieri nel tempo. Il corpo arcuato sul tavolaccio di legno rantolava, succube della forza sprigionata, sofferto e ormai perso. Una figura possente e accecante si sollevò dai suoi resti sanguinolenti, baluginando nella torbida aria di quelle segrete, scosse le fiaccole al muro consumandole rapidamente. Le ombre degli inquisitori si proiettavano sugli strumenti di tortura, quasi a volerli nascondere alla vista dell'Angelo. La sua maestosa figura dominava la sala ed incombeva protesa verso i piccoli monaci, le ali aperte e minacciose. Un vento gelido, potente, sferzava le vesti dei presenti. Immobili e muti, cercavano di resistere a quella forza.
Nessuno riusciva a chiudere gli occhi, i bulbi oculari interamente invasi di luce.
All'improvviso l'Angelo scomparve, gli uomini rimasero atterriti nel buio.
Una fiaccola fu riaccesa.
Alla debole luce, il pallore del viso di Padre Severino vibrava eccitato, una goccia di sudore era sulla tempia, ferma, stillata dalla pelle tesa: "Il demone è fuggito: Fiat Voluntas Dei!"
Gli altri si guardarono sbalorditi, ma subito annuirono certi. Nel profondo degli Inferi, in un turbinio di piume e fiamme, l'Angelo ruzzolò sulla lava incandescente.
Da quel momento, semplicemente, la schiera degli angeli ribelli contò una presenza in più.




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