la pergamena

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(Fiction)

Mauro Smocovich - PAROLA D'ACCESSO

Non mi sono mai regalato pensieri delicati, ma quello che mi lacera la memoria allo strappo della stoffa, ha un sapore davvero sgradevole. La camicia catturata dalla punta aguzza dei cancello mi strattona nella caduta. L'immagine che mi ritorna è quella di mio padre a tavola: mangia in silenzio. Non mi guarda neanche e mi soffoca con i suoi movimenti lenti. In una contrazione nervosa mi mordo la lingua. Infine la stoffa cede e cado a terra.
Scavalcare cancelli non è il mio sport preferito. Non sono mai stato molto bravo negli esercizi fisici. Mio padre me lo diceva sempre. Poche parole decise. Ma era sempre lì a giudicarmi. Lo sentivo nel suo silenzio. Si rifugiava nella sua camera e al buio riposava. La porta chiusa. Non si doveva fare 99 nessun" rumore.
Silenzio...
Cancello il suo viso dalla mente pulendomi le labbra con il braccio. So che sarà solo una breve tregua...
All'interno della casa non dovrebbe esserci nessuno. Al citofono nessuna risposta. Mi rialzo dall'erba scura di tramonto. Premo la lingua contro il palato. Il dolce sapore liquido scivola nella bocca. Un dolore forte che passerà. Un ricordo insieme agli altri. Cicatrici che si fanno compagnia.
Finalmente vedo l'abitazione di Valerio. Un viaggio così lungo: attraverso le campagne e le città di mare. Il treno che batte sui binari il ritmo della fuga, la corriera e molti passi sull'asfalto... lontano dal mio paese. Adesso percorro il giardino contemplando le mura solide dell'edificio. Il cielo vuoto sopra di me. Le strade sono lontane da qui. Nessun rumore all'infuori dei miei pensieri.
Valerio... sono settimane che non riesco più a contattarlo per telefono. Segreterie telefoniche ovunque. Ho bisogno di alcune conferme.
Le sue parole.
Descrive bene la sua terra, con poche pennellate d'inchiostro. Amo leggere i suoi libri, i suoi racconti, le sue storie. Descrive bene i sentimenti. Lo cerco nelle riviste, tra gli scaffali delle librerie, sui giornali. Da quando è apparso in televisione la sua notorietà l'ha inghiottito in un vortice di impegni.
Sempre in viaggio. Irraggiungibile. No, lui no. Non lo sopporterei. E' tardi, mia madre mi starà aspettando per la cena.
Non immagina tutti questi chilometri che ci dividono. Mio padre non mi aspetta più. Ormai irraggiungibile. Lo èsempre stato. Anche prima di morire.
La ghiaia scrocchia sotto le suole delle scarpe.
E' lo scrocchiare dei miei ricordi mentre il sole sì nasconde in fondo alla pianura.
Davanti al portone alzo lo sguardo lungo la parete della casa. Valerio... tu sì che hai avuto fortuna.
L'inchiostro scorre scuro nelle vene dei tuoi lettori. Suono il campanello della porta, più volte.
Non ci sei. Sei sempre in viaggio.
Ti aspetterò qui. Magari scrivendo qualcosa. Parlare mi risulta più difficile...
Non riuscivo a parlare con mio padre. Ora che ci penso, evitavo persino di chiamarlo. Se mi avessero costretto a farlo, non so proprio che nome avrei usato. Papà che suono buffo nella mia testa. Qualsiasi cosa dicessi, per lui era un'idiozia.
Qualsiasi cosa facessi, potevo fare meglio. Faccio un giro attorno alla casa.
Lo scrocchiare della ghiaia sotto le mie scarpe é l'ingranaggio sbilenco del mio Cervello.
Si apre una ferita nel passato. Mio padre sull'asfalto. Lo scrocchiare delle sue ossa sotto quell'auto...
Mi ha lasciato senza parlarmi. Così distante.
Mi ha lasciato senza darmi modo di conoscerlo. Non ci siamo mai parlati.
Silenzio...
Il silenzio.

La casa di Valerio ha un'anima. Mi piacerebbe descriverla in un mio racconto. Anch'io scrivo.
Ovviamente lui é più bravo. lo e Valerio abbiamo diverse cose in comune.
Sento la mancanza delle sue parole, dei suoi consigli. Chissà dov'è.
In giro per qualche presentazione dei suo ultimo libro o per fare qualche ripresa per il suo programma televisivo.
L'altro giorno sono riuscito a catturare la sua voce. Disturbata e gracchiante nel telefonino. Gli ho detto " ciao sono io " , è caduta la linea. Ho riprovato subito.
"Il cliente da lei chiamato non è al momento raggiungibile
Così impegnato e così umile. Sempre pronto con i suoi consigli, a spiegarti le situazioni, le coincidenze, le fortune, qualche trucco, un po' di tecnica.
Lo definiscono tutti una persona umana.
Come se di umano al mondo ci fosse rimasto ben poco. Come se "umano" fosse una rarità.
Ma forse sì, è proprio così. Valerio.
C'è un altro portone nel retro della casa. La finestra in alto é socchiusa. Un balconcino. La ringhiera di metallo è un ottimo appiglio. Non sono poi così male ad arrampicarmi, se mi impegno... non vedo altra scelta.
Ricordo quando andavamo in campagna da quegli amici di mio padre. Mi allontanavo sempre correndo. Lì vicino c'era una vecchia casa abbandonata e mi divertivo a scalarla come fosse una montagna. Potrei provare. Il viso di mio padre non approva. Ma cosa approverebbe di me? Ancora adesso mi tormenta. Un giudice. Galleggia a pancia all'aria nel mio cervello.
Salgo sul davanzale della finestra al pianoterra e mi tiro sul battente della porta. Una spinta e sono in alto, poi sul cornicione in pietra. Ecco, ho già raggiunto il davanzale dei primo piano. Stringo forte le dita sul metallo e spingo verso l'alto. E' più facile di quanto credessi. Mi aggrappo alle sbarre puntando i piedi sulla parete e salgo.
E' fatta, scavalco la ringhiera e sono dentro.
Ancora gli occhi di mio padre. Si chiudono davanti ai miei dopo l'incidente Neanche un saluto. La camicia scoperta sullo stomaco peloso. Quel giorno avevo preso una decisione importante. Gli avrei detto che sarei andato via di casa. Mi ha lasciato senza una parola. Non l'ha permessa neanche a me. Valerio non è così. Mi ascolta, mi capisce. Non è mai scortese.
All'inizio, quando ci siamo conosciuti, aveva anche più tempo per me. Gli ho fatto leggere i miei scritti, li ha apprezzati. Potevamo stare ore al telefono. Commentare le nostre idee. Così ho deciso di raggiungerlo qui.
A casa sua.
Sono a casa sua. E' buio.
Il suo studio, dov'è il suo studio? Voglio vedere dove scrive, dove crea. Avvicinarmi a lui. Le porte si aprono silenziose al mio passaggio: camere, bagno, salette.... sbatto il petto contro il legno.
Questa è chiusa.
Se è chiusa a chiave nasconde qualcosa di importante. Non chiudere la porta. Valerio, ti prego. Non chiudere la porta. Voglio solo parlarti. Come posso fare? Ma sì! Ricordo! Mia madre chiudeva sempre a chiave la sala nel periodo di Natale. Vi nascondeva i regali. Ma avevo scoperto che la chiave dei bagno apriva anche quella della sala.
Faccio un giro e raccolgo tutte le chiavi. Le provo nella serratura....
Click
Sì, sapevo di potercela fare. Entro: il suo studio.
Accendo la luce. li computer, le scatole dei dischetti, una stampante e i libri, tanti libri. Anche il caminetto!
Accendo subito il computer. Mi tremano le mani. Il "bip" della macchina che carica le informazioni. Mi siedo e la fisso con rispetto. Cosa stai scrivendo adesso, Valerio? Qual è il tuo prossimo romanzo? Potrò saperlo in anteprima. Rapito dal bagliore dello schermo. Il computer macina, respira, elabora dati. Apre il programma principale. Non vedo l'ora di leggere gli inediti. Mi guardo intorno, scorro gli occhi sulle pareti: costole di libri, poster di film, fotografie... infine torno a posarli sul video.
All'improvviso lo vedo: un rettangolo chiaro proprio al centro dello schermo.
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Come sarebbe? Accidenti, dovevo immaginarlo. Digito tutti i titoli dei suoi libri, i nomi di alcuni personaggi,
 

nomi di scrittori famosi, qualsiasi cosa mi venga in mente, no, no, non può finire così, è tutto inutile.
Batto un pugno sulla tastiera, mi alzo rovesciando la sedia. Mando all'aria i dischetti. Urlo, urlo e lancio oggetti nella stanza. Libri che volano in aria, pensieri, urla, rumori. Mi ritrovo con l'attizzatoio in mano e colpisco, colpisco, colpisco, colpisco.
Colpisco.
Sui dischetti, i libri, il computer. Su tutto. Il boato dello schermo che esplode.
Silenzio.
Mi fermo. Atterrito. No, tu no. Valerio. Non mi negare le tue parole Valerio.
Poggio la testa sul braccio, contro la finestra e piango. Il buio dell'esterno mi appare rigato dal mio dolore. E' una voragine che si apre sotto i miei piedi, una cascata di lacrime salate. Sono scosso dai miei stessi singhiozzi. I miei pensieri mi travolgono e sul loro liquido galleggia mio padre. E' un vorticare di schiuma, ondate violente che s'infrangono nella testa. Turbini di parole e di ricordi. Vomitare di saliva e di vocali. Fermentare di pus dalle ferite.
Ma in tutto questo frastuono riesco a sentire.
Sotto casa.
Un'auto arrivare.
Apro gli occhi. Intravedo acquosi i fari dell'auto di Valerio ferirmi nel buio. Lo scrocchiare della ghiaia sotto i pneumatici schiaccia le mie vene.




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